
LA DISFUNZIONE: CONFINE TRA FISIOLOGIA E PATOLOGIA
In ambito sanitario i nostri tempi sono caratterizzati da lotte sempre più feroci tra diverse categorie professionali che si contendono un determinato campo d’intervento sui pazienti con accuse reciproche di invasione delle rispettive competenze professionali. Molti contenziosi vertono sulla diagnostica e il contendere ruota intorno al punto fermo della patologia. Senza entrare nell’aspetto politico della questione, crediamo che le competenze professionali andrebbero riviste se si considerasse che sia un tessuto, sia un organo, sia qualunque struttura dell’organismo umano passa da una condizione fisiologica (la salute) ad una patologica (la malattia) “guadando” un fiume che può essere più o meno ampio (la disfunzione). Neanche una singola cellula può entrare in una condizione patologica senza prima essere stata, per un periodo lungo o breve che sia, in uno stato disfunzionale. Occorre definire quindi cosa sia la disfunzione. Come premessa bisogna tener ben presente che la disfunzione è una condizione di ipo o iperenergia. Un esempio: una struttura può essere chiamata, per diverse cause, ad un lavoro (meccanico, chimico, ecc.) che supera le sue capacità (iperlavoro o iperenergia). Ma alla stessa stregua una riduzione di apporto sanguigno, linfatico, nervoso crea in un tessuto una sofferenza (ipoenergia). Le condizioni sopracitate porteranno quel tessuto inevitabilmente ad una patologia, ma durante il periodo non fisiologico di quel tessuto lo stesso sarà disfunzionale e “avviserà” il resto dell’organismo del suo stato inviando afferenze neurologiche che si manifestano con algie (anche lontane dalla disfunzione), stati di astenia fisica o psichica, alterazioni (non patologiche) di funzioni (digestive, riproduttive, ecc.). La disfunzione, nell’ambito di un organismo, è sempre un epicentro attrattore di forze. La disfunzione somatica è una restrizione di movimento nel soma ossia nel sistema scheletrico e articolare. La disfunzione somatica assume discreta importanza quando si instaura in particolari articolazioni “strategiche”. In alcune articolazioni del piede può alterare la deambulaione o, peggio, l’intero assetto posturale. Nel rachide determina risposte neurologiche aberranti che possono coinvolgere innumerevoli funzioni tra le quali ad esempio la digestione, il ciclo mestruale, il ritmo o la pressione cardiaca, la funzione di minzione e di defecazione, eccetera. Tutte le strutture dell’uomo hanno dei rapporti tra loro, per esempio tra due ossa c’è un’articolazione, tra un viscere e il peritoneo una superficie di scorrimento, una fascia rappresenta un ulteriore modo di relazionare diversi elementi. Nella disfunzione somatica abbiamo la perdita della posizione fisiologica di riposo tra due strutture ossee congiunte per il tramite di un’articolazione. Come nell’esempio indicato in figura, abbiamo due strutture, “X” e “Y” che hanno una posizione di riposo tra loro, il movimento tra queste è di 90° di rotazione sia a destra come a sinistra per un totale di 180° di movimento di rotazione. Se tra queste strutture si presenta una disfunzione avremo che la posizione di riposo si è alterata rispetto alla fisiologia, rimarranno sempre 180° di movimento complessivo ma Y potrà andare oltre la norma in una direzione e meno nell’altra rispetto ad X. Pertanto la disfunzione somatica è sempre caratterizzata da un’alterazione delle ampiezze del movimento fisiologico. Se il movimento di Y da un lato fosse di 120° dalla posizione di riposo saremmo in presenza di una lussazione o comunque di una lassità (si parla quindi di patologia e non di disfunzione). Le conseguenze che possono essere prodotte da una disfunzione sono molteplici come precedentemente accennato, è possibile inoltre che una disfunzione non sia assolutamente accompagnata da segni, ad esempio algie o legati al sistema nervoso. Una caratteristica importante delle disfunzioni è la tendenza dell’organismo a compensarle, ad adattarle in qualche modo. Se siamo in presenza di una disfunzione occlusale il sistema posturale attua una serie di strategie in ordine discendente che sono altre disfunzioni secondarie alla malocclusione (che è la disfunzione primaria). Altrettanto può succedere, in ordine ascendente, per una distorsione ad una caviglia che esita in una disfunzione dell’astragalo, non è raro riscontrare periartriti scapolo-omerali secondarie ad una distorsione della tibiotarsica di qualche anno prima. Concludendo possiamo dire che la disfunzione anticipa sempre la patologia; il trattamento delle disfunzioni ad oggi non è ancora ben definito su un piano scientifico e soprattutto ancora non accettato dalla maggior parte della medicina istituzionale.